I luoghi del Parco

Promotore del Parco “Da Plinio a Volta. Viaggio nelle scienze umane” è Fondazione Alessandro Volta con l’associazione Sentiero dei Sogni. Il progetto è partito con i Comuni che hanno aderito nel 2020 al Piano integrato della cultura “Un tesoro di territorio”, sostenuto da Regione Lombardia e Camera di Commercio Como-Lecco, ma l’adesione è aperta a tutti gli enti interessati del lago di Como. Al momento sono attivi i percorsi sotto riportati.

COMO

“Il teatro di Como farà testimonianza che i concittadini di Plinio non si contentano delle reliquie de' monumenti. Dall'età dell'illustre Benedetto Giovio, sino a Giuseppe Rovelli e Giambattista Giovio vivente, molti scrittori illustrarono con facondia pari alla lor diligenza le storie della loro patria…”
(Ugo Foscolo, dal “Giornale del Lario”, 28 agosto 1813)

Camminando per Como si possono scoprire le tracce più significative dei due principali dedicatari del Parco Letterario “Da Plinio a Volta”. Anzi tre, perché i Plinii sono due, il Vecchio e il Giovane, e partiamo, per ovvie ragioni “anagrafiche”, da loro. Non capita in tutte le città di trovare due pagani ai lati del portale principale del Duomo. A Como l’onore è stato concesso proprio a Plinio il Vecchio (23/24-79 dC), autore della più antica enciclopedia giunta fino a noi, la “Naturalis Historia”, e a suo nipote Plinio il Giovane (61/62-113/114 dC), cui si deve uno dei più celebri epistolari dell’età classica (e che, ironia della sorte, da governatore della Bitinia mandò a morte diversi cristiani, applicando la legge suo malgrado, come scrisse all’imperatore Traiano). Entrambi comaschi, la loro presenza è percepibile in diversi punti della città. Nel vicino Teatro Sociale, il velario storico, dipinto nel 1813 dallo scenografo della Scala Alessandro Sanquirico, ritrae la scena della morte di Plinio il Vecchio, avvenuta sulla spiaggia di Stabia, soffocato dai lapilli del Vesuvio che seppellirono Pompei ed Ercolano, nel tentativo di studiare da vicino l’eruzione e di portare soccorso alle popolazioni in difficoltà. In viale Lecco si possono visitare i resti delle Terme di Como romana, la cui realizzazione si presume collegata al lascito testamentario di Plinio il Giovane a favore della sua città. Ai Musei Civici in piazza Medaglie d’Oro si trovano un’ampia sezione romana e un piccolo orto botanico di essenze citate nella “Naturalis Historia”. Infine, giunti nei pressi di Porta Torre, si scorgono i busti dei Plini, assieme ad altri comaschi celebri, sulla facciata del liceo classico Volta, accanto al quale si trova il portone che immette al sito archeologico di Porta Pretoria, principale via d’accesso alla Como romana.
Per conoscere Alessandro Volta (1745-1827) partiamo dal Tempio Voltiano: «La pila è la base fondamentale di tutte le invenzioni moderne», disse Albert Einstein, visitandolo nel 1933. Il monumento in stile palladiano, progettato dall’architetto Federico Frigerio e finanziato dall’industriale Francesco Somaini, era stato costruito nel ’27 (e inaugurato a luglio del ’28), in occasione delle celebrazioni per il centenario della morte di Alessandro Volta, che avevano portato a Como 12 premi Nobel, più altri sei scienziati che avrebbero ottenuto il riconoscimento in seguito: i loro nomi sono effigiati nell’aula dell’Istituto Carducci (uno dei tesori nascosti di Como), che ospitò il convegno, da allora ribattezzata Sala dei Nobel. Delle celebrità scientifiche dell’epoca era mancato solo il padre della “teoria della relatività”, a causa della sua opposizione al fascismo. Ma nel ’33 rese il proprio personale omaggio al fisico comasco, che nel 1799 aveva inventato la pila, primo generatore statico di energia elettrica (non a caso è stato dato il nome Volt all’unità di misura del potenziale elettrico) e nel 1776 aveva anche scoperto il gas metano, da lui utilizzato per mettere a punto la “lampada di Volta” e la “pistola elettroflogopneumatica”, antenate dell’illuminazione a gas e degli accendini. Tutto ciò è ricordato nel Tempio Voltiano, dove sono raccolti strumenti scientifici e memorabilia dello scienziato. In parte si tratta di copie, poiché gli originali erano andati distrutti in un incendio che aveva devastato i padiglioni delle celebrazioni del 1899. Inoltrandosi nel centro storico di Como si può ripercorrere quasi tutta la vita di Volta. Al civico 62 dell’omonima via si trova la casa dove nacque e morì. Nella chiesa di San Donnino, in via Diaz, ricevette il battesimo e l’ultimo saluto. Nella Torre Gattoni, la più occidentale delle tre che delimitano la città murata, fece i primi esperimenti. Tra via Rodari e piazza Roma vi è la chiesa di San Provino, dove si sposò. In piazza Volta si vede la sua statua, opera di Pompeo Marchesi, sulla diga foranea l’omaggio più recente: “The life electric” dell’archistar Daniel Libeskind, scultura del 2015 che richiama le iniziali di Volta.

BRUNATE

“Mio padre, un intellettuale molto raffinato figlio di un conte di Como e di una modesta contadina di Brunate, aveva tratti nobilissimi. Taciturno e modesto, [...] fu il primo maestro”
(Alda Merini, “Reato di vita”, 1994)

Il monte di Brunate, sopra Como, è soprannominato il “Balcone sulle Alpi” per gli splendidi panorami che si possono ammirare dai suoi numerosi belvedere. Si può raggiungere il paese , oltre che con la funicolare inaugurata nel 1894, attraverso la salita San Donato/Sentiero Alda Merini, tratto più suggestivo e selvatico dell’itinerario cultural-pedonale rappresentato dalla Lake Como Poetry Way. Lungo l’antica mulattiera che dal 1817 collega la città al monte soprastante, ma che è già attestata come sentiero dal XIV secolo, sono stati disseminati tra gli alberi, le radure e i punti panoramici cartelli di legno con testi poetici di autori di tutto il mondo che hanno frequentato questi luoghi o che hanno dedicato una particolare attenzione alla natura e al cammino. In primis proprio Alda Merini, i cui nonni si conobbero grazie alla “via delle scalette”, come è soprannominata la caratteristica pedonale. Nonno Giovanni fu diseredato per sposare Maddalena Baserga e vivere umilmente a Brunate, dove nel 1885 fondò la Società di mutuo soccorso ancora attiva. Dal 2011 a Brunate si celebra il Premio internazionale di letterario Alda Merini. Attraverso i QR code che si trovano sulla casetta per lo scambio dei libri all’inizio del percorso salendo da Como e sui cartelli poetici, si può accedere a molte altre informazioni sulla Lake Como Poetry Way e alla mappa interattiva. Giunti a Brunate, si incontra nel giardino della biblioteca il busto del poeta bulgaro Pencio Slavejkov, che nel 1912 morì nell’antistante hotel Bellavista e, proseguendo per “le corte”, la serie di mulattiere che portano alla frazione alta di San Maurizio, si giunge al faro voltiano, inaugurato nel 1927 in occasione del centenario della morte dell’inventore della pila. Nella piazza ai piedi del monumento, si trova un’altra casetta per lo cambio di libri.

BLEVIO

Madame Pasta ha una villa sul lago a qualche miglio da Como. È terrorizzata dall’acqua e proprio per questo non va mai a Como in battello. […] Fra me e me penso a quanto gli elementi atmosferici siano maleducati a non obbedire a una voce dolce come la sua; nulla mai commosse, penetrò così tanto il cuore degli uomini!
(Mary Shelley, “Rambles in Gemany and Italy”, 1840)

Nella frazione Girola di Blevio, tra le più belle e caratteristiche delle rive del lago di Como, si intrecciano le storie di tre grandi donne che hanno caratterizzato l’epoca romantica, innovando le rispettive arti e, più in generale, il ruolo femminile nella società: la danzatrice Maria Taglioni, prima ballerina romantica e prima a danzare sulle punte, la cantante Giuditta Pasta, più grande soprano del suo tempo ma anche pasionaria del Risorgimento, e l’autrice di “Frankenstein” Mary Shelley, che scrive delle altre due nel primo tomo dei suoi “Rambles in Germany and Italy” dedicato al soggiorno sul lago di Como del 1840 e tradotto per la prima volta in italiano nel 2020 con il titolo “A zonzo sul lago di Como”, attraverso un progetto partecipato dalle scuole promosso dall’associazione Sentiero dei Sogni. Camminando per poco più di un chilometro si incontrano tra la Villa Taglioni, appartenuta alla ballerina, il parco dei mosaici dove ve ne sono diversi dedicati ai personaggi del Parco Letterario “Da Plinio a Volta” (dallo stesso Plinio ai coniugi Shelley) e il cimitero dove è sepolta Giuditta Pasta. Si consiglia il battello per raggiungere Blevio, perché è dal lago che si possono ammirare Villa Taglioni, Villa Pasta (una delle tre appartenute alla diva, la principale invece è stata ricostruita nel ‘900 ed è oggi l’hotel Mandarin Oriental) e Villa Schouvaloff, appartenuta per un quindicennio a un’altra grande donna dell’Ottocento italiano, Cristina Trivulzio di Belgiojoso.

TORNO

“Uno di quei paesini - si chiamava Torno - si protendeva sulla sua vezzosa lingua di terra con un’eleganza così rara che fui tentato di scendere a terra. Il battello, rasentando la riva, seguì la curva di una bizzarra insenatura; dietro il verde rado di giovani faggi scendeva una lunga, silenziosa cascata, magicamente bianca e velata. […] Era un quadro di perfezione e di grazia così incantevole che all’ultimo momento non volli rischiare di romperne l’armonia”.
(Hermann Hesse, Passeggiata sul lago di Como, 1913)

Evitando di farsi travolgere dalla sindrome di Stendhal, che colse Hermann Hesse davanti alla bellezza del borgo di Torno, si sbarca con il battello nel caratteristico porticciolo di rimpetto alla chiesa parrocchiale di Santa Tecla, che contiene testimonianze artistiche di secoli diversi, dal XV al XIX. E lì inizia un percorso letterario in uno dei borghi più romantici del Lario, che un tempo fu anche uno dei centri più grossi e produttivi, fino alla distruzione subita dagli spagnoli nel 1522. Si risale dalla zona a lago verso il centro storico, fatto di caratteristiche case addossate, e lo si attraversa fino a sbucare di nuovo sulla statale Lariana e a raggiungere la chiesa medievale di San Giovanni, detta anche “del Santo Chiodo”, perché conserva uno dei chiodi che secondo la tradizione sarebbero stati utilizzati per crocifiggere Gesù. Ma è avventurandosi lungo il sentiero sul lato destro della chiesa che si raggiunge l’acme del percorso letterario. A metà del cammino si incontra La Romantica, villa appartenuta al giornalista del “Corriere della sera” e scrittore Raffaele Calzini: a lato del cancello di accesso è riportato un brano della novella che ambientò in questo luogo da lui prediletto, “La Romantica: villa da vendere”. Alla fine del sentiero, lo scroscio di un torrente impetuoso crea la giusta atmosfera per avvicinarsi al cancello e alla muraglia che delimitano il podere di Villa Pliniana, la più affascinante e misteriosa delle dimore storiche lacustri. Eretta nel XVI secolo dal conte Giovanni Anguissola, governatore di Como, prende il nome da una fonte intermittente, studiata dai Plinii e Leonardo da Vinci, sopra la quale fu edificata nel 1573 da Giovanni Anguissola, governatore di Como. Ha ispirato il maniero in cui vive reclusa la protagonista di “Malombra”, romanzo di Fogazzaro (1880) e film di Soldati (1942). È citata in tre opere di Percy e Mary Shelley, che nel 1818 tentarono di prenderla in affitto. Dal 1843 al ’51 fu abitata da due amanti, il conte Emilio Barbiano di Belgiojoso e la principessa Anne-Marie Berthier. C’è chi dice che i loro fantasmi siano ancora lì.

FAGGETO LARIO

“Alle 7.30 del mattino partimmo da qui in una gondoletta Don Alessandro Volta ed io. […] Per una strada scoscesa e dura arrivammo al Borgo di Pallanzo, ove in casa de’ sigg. Cassina prendemmo una buona tazza d’ottimo cioccolatte…”
(Carlo Amoretti, Lettera a una dama di Urio, 28 agosto 1785)

A Faggeto Lario si possono seguire le orme di Alessandro Volta, grazie a due lettere in cui Carlo Amoretti, mineralogista, bibliotecario all’Ambrosiana di Milano nonché autore di una delle prime guide turistiche del lago di Como, descrive le avventure compiute sui monti del Triangolo Lariano in compagnia dell’inventore della pila. I due si soffermano in particolare nella frazione (allora Comune) di Palanzo e sul monte soprastante esplorano la grotta del Premaù. Il caratteristico borgo di pietra circondato dai boschi ha diversi elementi di interesse (il Torchio del Cinquecento, la piazza della chiesa parrocchiale eternata sulla rivista voltiana del 1927, la chiesetta del Soldo), e mantiene un legame con l’inventore della pila nell’intitolazione della scuola elementare, nei pressi della quale (o nella vicina piazza Emilio Fasola) si può lasciare l’auto per mettersi in cammino. È una scuola creativa, quella di Palanzo, che negli anni Duemila ha vinto per ben tre vittorie il premio “Scuola in scena” messo in palio dal Teatro Sociale di Como, una delle quali con una pièce dal titolo “C’era un A. Volta”.

NESSO

“Nessa, tera dove cade uno fiume chon grande enpito per una grandissima fessura di monte”
(Leonardo da Vinci, Codice Atlantico)

Nesso, un paese scolpito dalla potenza dell’acqua. Fu Leonardo il primo cantore dell’orrido, la maestosa serie di forre scavate dai torrenti Nosè e Tuf, che attraversano il borgo e si uniscono in una cascata alta duecento metri prima di gettarsi nel lago sotto il ponte medievale della Civera. «Queste gite son da fare nel mese di magio», consigliava il genio vinciano nel Codice Atlantico. Allora Nesso era a capo di una Pieve di 11 Comuni, donata dal “datore di lavoro” di Leonardo, Ludovico il Moro, alla sua amante Lucrezia Crivelli. Nei secoli la forza dell’acqua ha alimentato mulini, cartiere, filatoi, oleifici e anche la fantasia di tanti creativi: nel 1823 l’imperatore d’Austria Francesco II commissiona un quadro dell’orrido al pittore di corte Marco Gozzi; nel 1829 Giambattista Bazzoni pubblica un romanzo di grande successo, “Falco della Rupe o la Guerra di Musso”, in cui il castello e l’orrido di Nesso sono le “location” principali; nel 1925 Alfred Hitchcock gira in paese alcune scene del suo primo film, “Il labirinto delle passioni”. Si propongono due itinerari: uno hitchcockiano, in orizzontale, alla scoperta delle frazioni di Coatesa e Borgovecchio e della chiesa dei Santi Pietro e Paolo consacrata nel 1095 da papa Urbano II, nonché sede vescovile sotto Rainaldo e Guido Grimoldi nel secolo successivo; l’altro leonardesco, in verticale, seguendo il corso del torrente Nosè.

CERNOBBIO

Villa d’Este è cdi certo l’attrazione cernobbiese più citata dagli autori del Grand Tour e anche copiosamente illustrata: per esempio dai coniugi Friedrich e Caroline Lose nel loro Viaggio pittorico e storico ai tre laghi Maggiore, di Lugano, e Como (1818).

Nel 1815 ebbe un ruolo Alessandro Volta, quello di procuratore, nell’acquisto della dimora di origine cinquecentesca da parte di Carolina di Brunswick, principessa di Galles e moglie, poi ripudiata, del futuro re Giorgio IV d’Inghilterra. Ma anche la riva è stata spesso dipinta dagli artisti dell’epoca: nei quadri e nelle stampe d’epoca la si vede più selvatica e verdeggiante rispetto all’ampia promenade cui siamo abituati oggi. In questo contesto Vincenzo Monti (1754-1828), poeta e scrittore considerato il massimo esponente del Neoclassicismo italiano, ambienta una trentina di versi del suo poema “Feroniade” (uscì postumo nel 1832) dedicati alle figlie di Carlo Giuseppe Londonio, che immagina intente a raccogliere viole mammole: “Nunzia d’april, deh quando per le siepi / Dell’ameno Cernobbio in sul mattino / Isabella ed Emilia, alme fanciulle, / Di te fan preda e festa, e tu beata / Vai tra la neve de’ virginei petti / Nuove fragranze ad acquistar, deh! Movi, / Mammoletta gentil, queste parole: / Di primavera il primo fiori saluta / Di Cernobbio le rose…”. Monti fu ospite di Londonio, letterato e uomo politico, allora proprietario della Villa Besana Ciani, tutt’oggi affacciata sulla riva cernobbiese, e il cui nome è legato ai fratelli Carlo ed Enrico Besana, che la acquistarono nel 1869 e ne fecero un centro di ritrovo dei patrioti lombardi. Dalla riva, dove non a caso è stata posizionata una delle casette per lo scambio di libri della Lake Como Poetry Way, potete effettuare una bella passeggiata verso Villa d’Este, quindi risalire il retrostante Giardino della Valle, che ne costeggia il parco, e prendere la mulattiera che sale alla frazione di Casnedo, dove, poco sotto la chiesa, si trova un punto panoramico da cui si ammirano i giardini di Villa d’Este e di Villa Pizzo e si ritrovano diversi elementi citati da Edith Wharton nel libro Italian Villas and Their Gardens (1804).

MASLIANICO

Maslianico è un valico Storico con la “S” maiuscola: basti pensare che da qui trovò rifugio in Svizzera, dopo il fallimento dei moti del 1848, persino Giuseppe Mazzini. Ma è un altro il patriota che ha lasciato l’impronta più indelebile in questa zona di confine: Luigi Dottesio.

Allora vicesegretario comunale a Como, fu una delle colonne della Tipografia Elvetica di Capolago (Ch), della quale importava clandestinamente i testi proibiti nel Regno Lombardo-Veneto. Un contrabbando di cultura e ideali che pagò con la vita: arrestato al valico pedonale di Roggiana (tra Vacallo e Maslianico) il 12 gennaio 1851, fu impiccato a Venezia l’11 ottobre successivo. Un martire della libertà di stampa, la cui biografia può a sua volta essere di ispirazione per l’oggi: primo popolano a rappresentare Como in occasioni ufficiali, visse una straordinaria storia d’amore con un’altra patriota, Giuseppina Bonizzoni, di cinque anni più grande di lui e madre di sei figli, e si sacrificò per un Paese che immaginava unito in primis dalla cultura. Aveva particolarmente a cuore la crescita culturale della sua città, Como, nel segno dei grandi concittadini dei tempi passati. Così scrisse nel suo libro Notizie biografiche degli illustri comaschi (1847) nella scheda dedicata a Plinio il Vecchio: «I nostri padri gli eressero una statua in luogo sacro: sarebbe degno […] della gentilezza dei presenti costumi crescer lustro alla patria nostra con un’opera che […] congiungesse l’età di quei due nostri grandissimi, Plinio e Volta». Dal 2021, per iniziativa dell’associazione Sentiero dei Sogni e del Comune di Maslianico in sinergia con l’associazione Amici di Anna, una little free library e una targa segnalano il luogo – piazzale Roggiana – dove fu catturato Dottesio e da dove partono, oltre alla Lake Como Poetry Way, anche i “sentieri del contrabbando” sistemati e mappati dall’Associazione nazionale Alpini Gruppo di Maslianico. A questo link trovate tutte le informazioni per scoprirli: sentieri-contrabbando.it

LEZZENO

A Lezzeno, all’epoca del Grand Tour, era attiva una cellula della carboneria che ruotava attorno alla figura del sardo Giuseppe Odoardo Bonelli, citato nel Viaggio pittorico e storico ai tre laghi Maggiore, di Lugano e Como (1818) dei coniugi Friedrich e Caroline Lose, per aver «recentemente eretta una manifattura di “acidi, spiriti e sali” diversi utili alle arti ed alla medicina, la maggior parte dei quali ci fu fin’ora somministrata dall’estero».

Ben altra autonomia dallo straniero coltivava Bonelli sotto quell’attività di copertura. Del suo giro facevano parte Giunio Bazzoni, poeta milanese famoso per aver scritto l’ode “Il Prigioniero” per la “creduta morte” di Silvio Pellico (fake news diffusasi nel 1825) e Pietro Maroncelli, eclettico poeta e musicista, ma soprattutto amico che aveva convinto Pellico a iscriversi alla carboneria. Quando Pellico apprende dell’arresto di Maroncelli, avvenuto il 6 ottobre 1820, si precipita a Lezzeno per distruggere alcune carte compromettenti e qui trascorre le notti dell’11 e 12 ottobre ospite di un altro Bazzoni, Francesco, all’Osteria il Governo. Non a caso Lezzeno ricorre una dozzina di volte negli atti del processo. L’itinerario consigliato per rivivere l’atmosfera di questi eventi e personaggi storici parte dalla frazione di Rozzo, dove si trovano una lapide in memoria di Giunio Bazzoni nel cimitero e l’Osteria del Governo, ancora attiva e ricca di riferimenti a fatti e persone dell’epoca. Da lì si può effettuare una piacevole passeggiata fino alla frazione di Villa, e alla cascata dipinta dai coniugi Lose nel loro libro, percorrendo un tratto dell’antica Strada Regia.

TREMEZZINA

«Il lago supera in bellezza qualsiasi luogo io abbia mai visto, fatta eccezione per le isole di corbezzoli di Killarney. In barca siamo andati dalla città di Como a una zona rurale, la Tremezzina […]. Le montagne tra Como e quel paese, o meglio quel grappolo di paesi, hanno le cime coperte da foreste di castagni […] che a volte scendono fino a toccare le sponde del lago».

Così scriveva un estasiato Percy Bysshe Shelley a Thomas Love Peacock il 20 aprile 1818. Della Tremezzina la meta letteraria, e anche pittorica, numero uno è senz’altro Villa Carlotta, proprietà del conte Giovanni Battista Sommariva ai tempi d’oro del Grand Tour: «Dei luoghi dove mi piacerebbe stare […] il più bello è alla Tremezzina, presso la casa Sommariva», afferma Stendhal nel suo “Diario del viaggio nella Brianza” sempre nel 1818. Noi, però, vi suggeriamo un percorso che ci fa risalire alle origini del mito della villeggiatura sul lago di Como, esplorando quelle che si presume fossero le vaste proprietà legate alla Villa Commedia (o Comoedia in latino) di Plinio il Giovane. Si parte dalla piazza XI Febbraio, quella della Chiesa di Santo Stefano (attenzione ai capitelli della cripta di epoca paleocristiana) e del battistero. Da lì, procedendo verso il lago si raggiunge la via Comoedia, dal nome della villa che Plinio il giovane si ritiene possedesse in quella zona, affacciata sul Golfo di Venere. Quindi si percorre un breve tratto della Greenway del lago di Como, fino alla frazione Campo di Lenno e da lì si punta verso monte: il Sacro Monte di Ossuccio, parte del gruppo dei Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia inseriti dal 2003 nella lista dei Patrimoni dell’umanità riconosciuti dall’Unesco. Passando da 14 cappelle dedicate ai misteri del Rosario si raggiunge il santuario, completato nel 1537. All’interno dell’edificio religioso, sulla sinistra si apre la Cappella della Madonna, che custodisce la veneratissima (lo testimoniano gli ex voto sulle pareti) statua della Beata Vergine del Soccorso, probabile anello di congiunzione tra l’epoca cristiana e quella pliniana. Lo sostengono, tra gli altri, Mariuccia Belloni Zecchinelli e Luigi Mario Belloni nel libro “Hospitales e xenodochi: mercanti e pellegrini dal Lario al Ceresio” (1997): «La statua marmorea della Madonna mostra chiaramente di essere un ricupero scultoreo specialmente nel basamento, che ne porterebbe l’originaria datazione all’epoca romana». Il Santuario sarebbe sorto, a loro parere, sul tempio dedicato alla dea Cerere, che Plinio il Giovane dice di voler ampliare in una lettera rivolta all’architetto Mustio, poiché oggetto di una vasta venerazione popolare alle idi di settembre. Oggi la celebrazione della Madonna del Soccorso si tiene l’8 settembre e, come scrisse Mary Shelley che vi assistette nel 1840, «è una festa davvero grande».

BELLAGIO

A Bellagio sono due i percorsi letterari più importanti, assai diversi l’uno dall’altro ma anche complementari. Il primo si snoda lungo la porzione più turistica della riva: tra l’imbarcadero e i Giardini di Villa Melzi si inanellano in meno di due chilometri innumerevoli riferimenti a grandi personaggi della cultura mondiale.

Incontriamo, nell’ordine: l’hotel Metropole Genazzini che ospitò Mark Twain nel 1867; Casa Liszt, dove soggiornò il celebre musicista ungherese nel 1837; l’hotel Excelsior Splendide, dove morì Filippo Tommaso Marinetti il 2 dicembre 1944, come ricorda una targa dal design futurista sulla facciata; il monumento a John Fitzgerald Kennedy da dove si vede perfettamente, guardando verso monte, la Villa Serbelloni nel cui parco atterrò con l’elicottero il 30 giugno 1963, e che prima di lui aveva ospitato grandi personaggi come Leonardo da Vinci e Mary Shelley; infine la già citata Villa Melzi, dove un giorno di ottobre del 1833, cercando di riprodurre la bellezza della vista del Centro Lago dai giardini, William Fox Talbot ebbe l’intuizione di inventare il metodo fotografico negativo/positivo. Lo racconta lui stesso in The pencil of nature, primo libro di fotografie della storia. Un proprietario di Villa Melzi, Tommaso Gallarati Scotti, è stato a sua volta un fine critico e scrittore, che diede alle stampe, tra le altre, una “Vita di Dante”. Tra le frazioni di San Giovanni e Regatola, invece, si scopre una Bellagio più rurale, seguendo le tracce di due grandi uomini di Scienza, che furono entrambi rettori dell’Università di Pavia, Jacopo Rezia e Alessandro Volta. Il Rezia in queste zone aveva diverse proprietà e a Regatola, su un edificio al numero 5 della via non per niente intitolata Volta, una targa ricorda che «in questa casa del secolo XIII ospiti dell’illustre prof. Jacopo Rezia soggiornarono Alessandro Volta e Giuseppe Parini».

MENAGGIO

Secondo le ricostruzioni effettuate dagli esperti della Tate gallery di Londra, due vedute di Bellagio da Menaggio sarebbero i primi acquerelli realizzati in Italia da William Turner durante il suo viaggio del 1819 (primato conteso da un terzo che raffigura lo skyline di Milano).

Turner, secondo lo storico dell’arte Matthew Imms, si sarebbe piazzato con il cavalletto su un «piccolo molo di pietra in via Giuseppe Mazzini». Parte da qui il nostro itinerario d’autore alla scoperta di Menaggio. Prima di inerpicarci dalla riva verso la frazione a monte di Loveno, meta principale del percorso, entrate nella chiesa parrocchiale di Santo Stefano. Sotto massicci rifacimenti (gli affreschi che adornano le tre navate sono di Luigi Tagliaferri e risalgono al 1899), l’edificio nasconde un’origine antica testimoniata dal quadro che si trova sopra l’altare dedicato a Maria, nella testata della navata sinistra: si tratta della Madonna con Bambino e un angelo di Bernardino Luini (1481-1532), o meglio di una sua riproduzione. Per una serie di vicissitudini, l’originale è infatti esposto al Louvre, con il sottotitolo di Madonna di Menaggio: alla fine del XVIII secolo il dipinto venne ceduto al governatore austriaco Carlo Firmian, in cambio del trasferimento della Prefettura da Tremezzo a Menaggio, e alla sua morte fu acquistato all’asta dai marchesi Arconati Visconti di Milano; infine, nel 1914 Maria Arconati Visconti lo donò al museo francese. Salendo alla frazione di Loveno dall’omonima via, si approda in un borgo ricchissimo di testimonianze d’autore. A un estremo si trovano Villa Vigoni Mylius e Villa Garovaglio Ricci, sedi del Centro culturale italo-tedesco, che ricorda il ponte ideale tra Italia e Germania costruito da Enrico Mylius (creatore della prima delle due ville nel 1829) e dalla moglie Federica Schnauss, colei che creò un fecondo scambio letterario tra due illustri amici di famiglia come Goethe e Manzoni, le cui effigi sono presenti nella casa. Dal lato opposto della frazione è situata Villa Govone, oggi sede dell’Azienda sanitaria territoriale, un tempo residenza di Massimo D’Azeglio (1798-1866), presidente del consiglio del Regno di Sardegna, scrittore e pittore, che ci ha lasciato, tra i suoi quadri più noti, anche un albero di Loveno e una veduta del porto di Lecco. Nel cuore del borgo, invece, vi è la casa di paese abitata dalla famiglia di Alessandro Volta fino al XV secolo, quando si spostò a Como.